ON. VITTORIO MESSA

ON. VITTORIO MESSA

17 ottobre 2011

Vani interrati e computo volumetria

TAR Puglia (LE) Sez. 1 n. 1586 del 9 settembre 2011
Urbanistica. Vani interrati e computo volumetria

Così come testualmente previsto dall'art. 3 comma 1, lett. e), d.P.R. n. 380 del 2001 - il computo della volumetria di un edificio deve essere effettuato con riferimento all'opera in ogni suo elemento, compresi gli ambienti funzionalmente asserviti o interrati e con esclusione dei soli volumi tecnici, con la conseguenza che anche le opere realizzate entro terra, qualora adibite ad attività umane di tipo continuativo, devono essere considerate ai fini dei calcoli delle volumetrie assentibili in relazione ai carichi urbanistici che ne derivano


N. 01586/2011 REG.PROV.COLL.

N. 00204/2003 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Prima

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 204 del 2003, proposto da:
Puteo Cosimo, rappresentato e difeso dagli avv. Leonardo Macchitella e Nicolangelo Zurlo, con domicilio eletto presso Angelo Vantaggiato in Lecce, via Zanardelli n. 7;

contro

Comune di Ostuni, rappresentato e difeso dall'avv. Cecilia Rosalia Zaccaria, con domicilio eletto presso Angelo Vantaggiato in Lecce, via Zanardelli n. 7;

per l'annullamento

del provvedimento, emanato in data 08.11.2002, prot. n.27423, dal Dirigente dell'Ufficio Tecnico Comunale del Comune di Ostuni, di annullamento della concessione edilizia n.366/1999 rilasciata il 08.08.2002 al sig. Puteo Cosimo e contestuale diniego dell'istanza di concessione edilizia presentata dalla sig.ra Marcella Carmela Di Ceglie; di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Ostuni;

Viste le memorie difensive rispettivamente prodotte dalle parti costituite;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 maggio 2011 il dott. Massimo Santini e udito per la parte ricorrente l’Avv. Zurlo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

La sig.ra Di Ceglie, proprietaria di un terreno sito nel centro abitato di Ostuni (via Fuentes) ubicato in zona B del piano regolatore e soggetto a piano di lottizzazione convenzionato, chiedeva in data 30 giugno 1999 il rilascio di una concessione edilizia per la realizzazione di due depositi ed otto garages interrati.

Nelle more del suddetto rilascio il terreno veniva ceduto al sig. Puteo, odierno ricorrente: di conseguenza veniva inoltrata domanda di voltura della suddetta istanza edilizia.

In data 8 agosto 2002 veniva poi rilasciata concessione edilizia n. 366/1999 in favore del Puteo per la realizzazione delle opere di cui sopra.

A seguito di alcuni reclami il Comune annullava la predetta concessione edilizia atteso che: a) le potenzialità edificatorie dell’area in questione sarebbero state già sfruttate in sede di attuazione del piano di lottizzazione; b) non ricorrono in ogni caso i presupposti per la applicazione della legge n. 122 del 1989, in tema di parcheggi interrati in deroga agli strumenti urbanistici, difettando il vincolo di pertinenzialità tra i suddetti parcheggi ed eventuali unità abitative (la domanda non è stata infatti presentata dai proprietari delle unità immobiliari del condominio sovrastante, i quali si sono anzi dimostrati contrari a tale realizzazione).

Tale provvedimento veniva impugnato, nella sostanza, per i seguenti motivi:

a) erroneità dei presupposti, in quanto il terreno rientrerebbe in zona B di completamento del PRG, in quanto tale edificabile. E ciò anche a seguito della scadenza del piano di lottizzazione previsto;

b) violazione della legge n. 122 del 1989;

c) violazione del giusto procedimento nella parte in cui non sarebbe stato acquisito, come in occasione del rilascio della concessione poi annullata, il parere della commissione edilizia, in dispregio dunque del principio del contrarius actus;

d) eccesso di potere per disparità di trattamento nella parte in cui sarebbero state assentite opere di analoga portata;

e) violazione delle norme tecniche di attuazione del PRG del Comune di Ostuni nella parte in cui non sarebbe stato considerato che il volume dei parcheggi interrati avrebbe una incidenza nulla in termini di impatto urbanistico.

Si costituiva in giudizio il Comune di Ostuni per chiedere il rigetto del gravame.

Con ordinanza n. 129 del 2003 questa sezione rigettava l’istanza di tutela cautelare. Tale ordinanza veniva confermata dal Consiglio di Stato.

Alla pubblica udienza del 25 maggio 2011 la causa veniva infine trattenuta in decisione.

Tutto ciò premesso il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate:

1) il primo motivo è da disattendere in quanto risulta pacifico – non essendo tale circostanza oggetto di specifica contestazione da parte del ricorrente – che il piano di lottizzazione, all’interno del quale ricadrebbero le opere di cui si discute, ha pienamente esaurito la propria capacità edificatoria in termini di volumetria ammessa. Quanto poi alla scadenza dell’efficacia del piano di lottizzazione, si rammenta che essa esplica effetto quanto all’adempimento della convenzione annessa al piano e che ,anche a voler riferire la detta scadenza all’attuazione del piano stesso, essendo questo attuativo della strumentazione urbanistica generale ed essendo stato completamente attuato (e le volumetrie ammesse completamente esaurite) non vi è spazio per ulteriori edificazioni. A ciò si aggiunga che tale piano di lottizzazione è stato recepito, in ogni sua parte, dalla delibera di giunta regionale n. 2250 del 18 maggio 1995 con la quale è stato approvato il vigente piano regolatore del comune stesso,sicchè il piano di lottizzazione ha perso la originaria natura convenzionale,ha acquisito natura di norma urbanistica eteronoma,escludendo ogni ulteriore utilizzazione edificatoria rispetto a quelle previste,come si è detto già realizzate;

2) il richiamo alla legge n. 122 del 1989 è stato preso in considerazione dall’amministrazione comunale onde ammettere la possibilità di introdurre parcheggi interrati quali quelli di specie, anche in deroga agli strumenti urbanistici. Peraltro, non sussistendone i presupposti (pertinenzialità rispetto alle unità abitative e approvazione della assemblea di condominio) correttamente l’amministrazione ne ha escluso la applicazione al caso di specie. Il motivo sub b) deve dunque essere rigettato;

3) quanto al mancato coinvolgimento della commissione edilizia, per giurisprudenza costante tale parere può essere omesso in sede di autotutela, senza violazione alcuna del principio del contrarius actus, qualora l’annullamento si fondi su ragioni di esclusiva valenza giuridica e non anche su valutazioni tecnico-edilizie (cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 maggio 2011, n. 2821; T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 10 novembre 2010, n. 23756; T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV, 3 marzo 2010, n. 532; T.A.R. Emilia Romagna Parma, 20 ottobre 2009, n. 686). La censura deve pertanto essere rigettata;

4) il motivo sub d) è invece inammissibile per eccessiva genericità, dato che non vengono in alcun modo indicate le ipotesi concrete che, contrariamente a quanto verificatosi nella specie in esame, sarebbero state invece assentite dall’amministrazione comunale;

5) Quanto infine all’ultimo motivo di ricorso, ritiene il collegio che, come condivisibilmente affermato dalla giurisprudenza, “correttamente l'Amministrazione … tiene conto della volumetria relativa alla parte interrata del manufatto, in quanto - così come testualmente previsto dall'art. 3 comma 1, lett. e), d.P.R. n. 380 del 2001 - il computo della volumetria di un edificio deve essere effettuato con riferimento all'opera in ogni suo elemento, compresi gli ambienti funzionalmente asserviti o interrati e con esclusione dei soli volumi tecnici, con la conseguenza che anche le opere realizzate entro terra, qualora adibite ad attività umane di tipo continuativo, devono essere considerate ai fini dei calcoli delle volumetrie assentibili in relazione ai carichi urbanistici che ne derivano” (così T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 2 ottobre 2008, n. 8716; T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 22 gennaio 2007, n. 570).

In materia edilizia, infatti, i vani interrati sono computabili ai fini del calcolo della complessiva volumetria dell'immobile, salvo che siano insuscettibili di produrre un aumento del carico urbanistico, non siano destinati alla stabile permanenza dell'uomo, o lo strumento urbanistico non lo escluda espressamente (T.A.R. Sicilia Palermo, sez. III, 7 giugno 2005 , n. 960): ipotesi queste da ultimo ricordate che nella fattispecie in esame non sono tuttavia riscontrabili.

Pertanto, come affermato dalla prevalente giurisprudenza amministrativa, “salvo che non si tratti di opere di modeste dimensioni e con destinazione a usi episodici o meramente complementari (ad esempio, cantine, locali adibiti a strutture tecnologiche, garage al servizio di un appartamento), anche i locali interrati devono calcolarsi nella volumetria ammissibile in sede di rilascio della concessione edilizia” (T.A.R. Marche, 4 febbraio 2003, n. 21).

Comunque,il problema della inclusione o meno nella volumetria realizzabile dei locali interrati si pone per le costruzioni che si articolino in volumi fuori terra e locali interrati a quelli asserviti che non influiscono sul carico urbanistico portato dai locali fuori terra;è invece esclusa ogni questione sulla computabilità della volumetria interrata se questi locali siano autonomi,non collegati a costruzioni fuori terra.

Per tali ragioni anche l’ultima censura non merita accoglimento.

In conclusione il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Ritiene il collegio la sussistenza in ogni caso di giusti motivi per compensare le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 25 maggio 2011 con l'intervento dei magistrati:

Antonio Cavallari, Presidente

Luigi Viola, Consigliere

Massimo Santini, Referendario, Estensore

30 settembre 2011

Chiusura piano pilotis

Cass. Sez. Fer. n. 34397 del 21 settembre 2011 (Ud 13 set. 2011)
Pres. Chieffi Est. Ramacci Ric. Calcagno
Urbanistica. Chiusura piano pilotis

L'innalzamento dell'altezza dal suolo ed il tamponamento con conseguente chiusura del “piano pilotis” di un preesistente edificio richiedono, per la loro esecuzione, il preventivo rilascio del permesso di costruire, configurando un intervento di ristrutturazione edilizia che determina la realizzazione di nuovi volumi, nuove unità immobiliari e la modifica della sagoma e delle superfici.



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. Feriale


Composta dagli lll.mi Sigg.:

Dott. SEVERO CHIEFFI
Dott. ANNA MARIA FAZIO
Dott. GRAZIA LAPALORCIA
Dott. LUCA VITELLI CASELLA
Dott. LUCA RAMACCI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
sul ricorso proposto da
l) CALCAGNO VINCENZO N. IL 12/07/1950
avverso la sentenza n. 516/2010 CORTE APPELLO di MESSINA, del 13/04/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso

udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/09/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 13 aprile 2011, la Corte d'Appello di Messina confermava la decisione con la quale, il Tribunale di Messina – Sezione Distaccata di Taormina, condannava CALCAGNO Vincenzo per il reato di cui all’articolo 44, lettera b) D.P.R. 380\01 concretatosi nella realizzazione, in assenza di permesso di costruire, di un intero piano terra mediante scavo rispetto al livello di posa di preesistente manufatto con conseguente ricavo di maggiore altezza.

Avverso tale decisione il predetto proponeva ricorso per cassazione.

Con un primo motivo di ricorso deduceva la violazione di legge, affermando che doveva ritenersi nullo il decreto di citazione a giudizio in quanto l'imputazione originaria era stata modificata dal PM in udienza e, in ogni caso, non recava la precisa enunciazione del fatto come, a suo dire, risultato all’esito dell’istruzione dibattimentale.

Con un secondo motivo di ricorso deduceva la violazione di legge ed il vizio di motivazione, osservando come, nel corso del dibattimento, sarebbe stato dimostrato che le opere in contestazione non erano state realizzate ex novo ed erano comunque conformi al progetto originario, come riferito dai testi escussi e dallo stesso imputato nel corso dell’esame cui si era sottoposto, cosicché le diverse affermazioni dei giudici del gravame palesavano un evidente contraddittorietà della motivazione, anche perché non poteva ritenersi realizzato, nel 2006, il piano terreno di un fabbricato di più piani per il quale, già nel 1988, era stata riconosciuta l’abitabilità.

Con un terzo motivo di ricorso deduceva la violazione di legge osservando come la Corte del merito avrebbe dovuto dichiarare estinto il reato per sanatoria conseguente a “condono edilizio”, presentando l’immobile tutti i requisiti richiesti dalla legge per l’applicazione della relativa disciplina ed essendo documentata la data di ultimazione dei lavori dalla dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà allegata alla domanda di condono.

Aggiungeva che, in ogni caso, ai sensi della Circolare esplicativa 7 dicembre 2005 del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, l’effetto estintivo penale doveva ritenersi prodotto semplicemente in presenza dei presupposti previsti dalla legge per il condono, indipendentemente dal formale rilascio della sanatoria amministrativa.

Aggiungeva che, in ogni caso, i giudici del gravame avrebbero dovuto procedere alla sospensione del procedimento in pendenza della domanda di condono e che la decisione impugnata si basava su un’erronea valutazione dei dati documentali acquisiti e non aveva tenuto conto delle allegazioni difensive.

Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.



MOTIVI DELLA DECISIONE



Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati.

Occorre in primo luogo chiarire, per una migliore comprensione della vicenda processuale, l’oggetto della contestazione alla luce delle indicazioni fornite dalla decisione impugnata e da quella del primo giudice che la Corte territoriale richiama, nonché dalle stesse considerazioni svolte in ricorso.

L’immobile, preesistente, sul quale sono stati eseguiti gli interventi riconosciuti come abusivi, è un palazzo a più piani recante, al primo livello, un piano pilotis originariamente destinato a porticato ed escluso dalla cubatura complessiva in ragione dell’altezza.

Il piano terra ritenuto abusivo veniva realizzato mediante scavo finalizzato al ricavo di maggiore altezza ed iniziando la chiusura mediante tamponamenti esterni.

Così individuato l’oggetto della contestazione, appare di tutta evidenza che la stessa risulta correttamente formulata e non presenta alcuna indeterminatezza.

Lamenta, infatti, il ricorrente che tale nullità deriverebbe dalla circostanza che l’originaria contestazione riportata, indicante l'altezza del piano pilotis in 2,20 metri, era stata in realtà modificata dal Pubblico Ministero d'udienza indicando la diversa altezza di m.2,80.

Non si vede pertanto quale incertezza abbia indotto nell’imputato tale precisazione e quale pregiudizio possa essergliene derivato, posto che il fatto storico e le violazioni contestate sono rimasti invariati e l'organo dell'accusa si è limitato esclusivamente ad indicare una diversa altezza ponendo verosimilmente rimedio ad un errore materiale.

In ogni caso, deve ricordarsi che la nullità del decreto che dispone il giudizio per insufficiente enunciazione del fatto ha natura relativa e deve essere pertanto eccepita, a pena di decadenza, entro il termine previsto dall'art. 491 C.P.P. (cfr. Sez. V n. 20739, 1 giugno 2010 ed altre prec. conf.) , mentre il ricorrente, a quanto risulta dal provvedimento impugnato, l'ha dedotta solo nell'atto di gravame.

Del tutto infondata appare, inoltre, l’ulteriore doglianza secondo la quale detta imputazione avrebbe dovuto essere diversamente formulata tenendo conto di quanto emerso nel corso del dibattimento poiché, al di là di ogni ulteriore considerazione in merito, è sufficiente osservare che la fondatezza della ipotesi accusatoria era stata riconosciuta dal primo giudice, il quale, infatti, aveva affermato la penale responsabilità dell’imputato.

Anche l’infondatezza del secondo motivo di ricorso appare di macroscopica evidenza.

I giudici del merito hanno infatti inequivocabilmente chiarito, come si è già detto, quale fosse la condotta contestata al prevenuto e per la quale lo stesso è stato riconosciuto colpevole.

Tali conclusioni appaiono del tutto conformi a legge ed immuni da qualsivoglia cedimento logico.

Come è noto, infatti, il piano pilotis è quello che comprende gli elementi di sostegno di un fabbricato i quali, a mo’ di palafitta (come indica il termine francese utilizzato), sono collocati per isolarlo completamente dal terreno, consentendo così l'utilizzazione del suolo.

Nella fattispecie, come si è detto, la destinazione originaria di questo piano era a portico.

E’ dunque indubitabile che un intervento, consistente nell’aumento dell’altezza originaria dal suolo del piano pilotis e la contestuale sua tamponatura, determini la creazione di nuovi volumi e di nuove unità immobiliari nonché la modifica dell’aspetto esteriore dell’edificio e richieda pertanto, per la sua esecuzione, il rilascio del permesso di costruire, collocandosi nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 10, lettera c) D.P.R. 380\01

Va conseguentemente affermato il principio secondo il quale l'innalzamento dell'altezza dal suolo ed il tamponamento con conseguente chiusura del “piano pilotis” di un preesistente edificio richiedono, per la loro esecuzione, il preventivo rilascio del permesso di costruire, configurando un intervento di ristrutturazione edilizia che determina la realizzazione di nuovi volumi, nuove unità immobiliari e la modifica della sagoma e delle superfici.

Manifestamente infondato risulta anche il terzo motivo di ricorso .

Correttamente i giudici del gravame hanno escluso l’applicabilità della disciplina relativa al condono edilizio.

Va a tale proposito ricordato che, in materia di condono edilizio, la costante giurisprudenza di questa Corte (v., tra le più recenti, Sez. III n.38071, 16 ottobre 2007 ed altre prec. conf.) riconosce al giudice il potere - dovere di controllare la sussistenza delle condizioni di applicabilità del condono, trattandosi di attività strettamente connessa all'esercizio della giurisdizione, il cui mancato esercizio determina inevitabilmente ed inutilmente la dilatazione dei tempi del processo.

In via meramente esemplificativa si è ulteriormente precisato che devono costituire oggetto del controllo giudiziale la data di esecuzione delle opere, il rispetto dei limiti volumetrici, le eventuali esclusioni oggettive della tipologia d'intervento dalla sanatoria e la tempestività della presentazione, da parte di soggetti legittimati, di una domanda di sanatoria riferita alle opere abusive contestate nel capo di imputazione.

Poiché i giudici del merito hanno dato atto, in base alle risultanze dell’istruzione dibattimentale, dell'assenza del requisito temporale per la concessione della sanatoria, avendo verificato che gli interventi erano in corso di esecuzione alla data dell’accertamento (la sentenza di primo grado evidenzia che a tale data era ancora in corso la tamponatura laterale del piano) correttamente hanno omesso di procedere alla sospensione del procedimento ed, altrettanto correttamente, hanno escluso l’applicabilità, nella fattispecie, della Legge 326\03 sul condono edilizio.

Tenuto conto della data di consumazione del reato come sopra accertata, occorre rilevare che non risulta neppure spirato il termine massimo di prescrizione dovendosi aggiungere al termine decorrente da detta data le plurime sospensioni conseguenti ad adesione del difensore alla astensione dalle udienze (25 giorni dal 2.4.2009 al 27.4.2009) e ad istanze di rinvio del dibattimento da parte del difensore (mesi 2 e giorni 15 dal 9.7.2009 al 24.9.2009 e mesi 1 e giorni 11 dal 24.9.2009 al 12.11.2009).

A nulla rileva il diverso contenuto della dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà proveniente dal soggetto interessato al conseguimento della sanatoria.

Si tratta pur sempre, invero, di una mera dichiarazione che il privato rende al pubblico ufficiale e che, sebbene riceva dalla legge un'attribuzione di pubblica fede, questa le deriva non tanto dal contenuto della dichiarazione quanto dal soggetto (il pubblico ufficiale) che la riceve e, per tale ragione, ben può essere smentita da dati obiettivi risultanti dall’accertamento giudiziale dei requisiti di condonabilità, con l'ulteriore conseguenza che la falsa attestazione potrà integrare il reato di falsità ideologica commesso dal privato in atto pubblico.

Per le medesime ragioni, detta dichiarazione non può ritenersi idonea all'assolvimento dell'onere probatorio che incombe sull'imputato allorquando, accertata la commissione del reato in data successiva a quella fissata dalla legge come termine per ottenere il condono, invochi l'applicazione della speciale causa estintiva (v. Sez. III n. 12918, 27 marzo 2008 ed altre prec. conf.).

Alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00.


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.


Così deciso in Roma il13 settembre 2011


Il Consigliere Estensore Il Presidente
(Dott. Luca RAMACCI) (Dott. Severo CHIEFFI)

22 settembre 2011

GRAZIE : LA PICCOLA ERIKA E' STATA RITROVATA:

E' stata ritrovata nel quartiere San Lorenzo di Roma la dodicenne scomparsa il 20 settembre da un centro della provincia.«Erika è stata riconosciuta da una volante della polizia - dice un amico di famiglia - ora si trova in commissariato a San Lorenzo». La madre, che ha comunicato la notizia al programma, aveva lanciato un drammatico appello nella puntata di ieri di "Chi l'ha visto?", mobilitando gli spettatori della capitale nelle ricerche. "SOSTENITORI DELLE FORZE DELL'ORDINE" RINGRAZIA TUTTI COLORO CHE SI SONO ADOPERATI NELLE RICERCHE DI ERIKA. UN ABBRACCIO A TE, PICCOLA ERIKA, STAI SERENA E PARLA CON LA TUA FAMIGLIA.

21 settembre 2011

AIUTO X ERIKA

Giovanni Luciani
Erika Novellino

Sesso:F
Età:12 (al momento della scomparsa)
Statura:165
... Occhi:castani
Capelli:castani
Abbigliamento:Felpa nera con bordi verdi, maglietta viola, jeans chiari, scarpe da ginnastica. Sembra mancare anche lo zaino marca di scuola, "Monella Vagabonda",nel quale ci dovrebbero essere i libri
Segni particolari:Porta occhiali da vista
Scomparso da:Località Valle Martella, Zagarolo (Roma)
Data della scomparsa:20/09/2011
Data pubblicazione:21/09/2011

Erika Novellino. 12 anni, il 20 settembre non è andata a scuola ed è rimasta a casa del padre a Zagarolo (Roma), dicendo una scusa alla nonna che l'ha vista alle 10:30. Alle 15:30 la sorellina ha detto al dice al padre che lei era andata a casa si un’amica a studiare. Alle 17 circa il padre ha scoperto che Erika non era dall’amica. Gli inquirenti ritengono che la bambina il 21 settembre sera si trovasse nella zona della stazione Termini di Roma. I genitori tempo fa avevano vietato a Erika di navigare su Internet.

17 agosto 2011

Cassazione: inquilino cade da scale buie? Proprietario paga danni anche se non è stato avvisato della necessità della riparazione

In tema di responsabilità per cose in custodia, con la sentenza n.16422, depositata il 27 luglio 2011, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha stabilito che nel caso in cui l'assegnatario dell'alloggio popolare cade dalle scale buie della palazzina, sbaglia il giudice del merito a escludere la responsabilità ex articolo 2051 Cc dell'ente proprietario del fabbricato ritenendo non dimostrato l'obbligo di custodia per assunta inosservanza, da parte del conduttore, dell'onere di dare avviso al locatore che vi fosse necessità di riparazione della cosa. I giudici di legittimità, annullando la sentenza dei giudici territoriali, hanno spiegato che malgrado il contratto di locazione comporti il trasferimento al conduttore dell'uso e del godimento sia della singola unità immobiliare sia dei servizi accessori e delle parti comuni dello edificio, una siffatta detenzione non esclude i poteri di controllo, di vigilanza e, in genere, di custodia spettanti al proprietario-locatore, il quale conserva un effettivo potere fisico sulla entità immobiliare locata - ancorché in un ambito in parte diverso da quello in cui si esplica il potere di custodia del conduttore - con conseguente obbligo di vigilanza sullo stato di conservazione delle strutture edilizie e sull'efficienza degli impianti.
Scarica il testo della sentenza 16422/2011
(Data: 13/08/2011 11.00.00 - Autore: Luisa Foti)

2 luglio 2011

LA POLITICA NON TAGLIA I RAMI SU CUI E' SEDUTA!

LA POLITICA NON TAGLIA I RAMI SU CUI È SEDUTA

Mettiamoci l’anima in pace. La Riforma che tutti aspettano, la più amata dagli italiani, non verrà mai. Chi si aspettava qualcosa dalla Manovra dovrà accontentarsi di briciole. Parlo della Grande Riforma della Politica, i tagli alla casta per intenderci. Berlusconi avrebbe tutto l’interesse a farla, sarebbe per lui un trionfo. Manon può farla. Perché una vera riforma della politica non può essere varata dalla politica. La riforma che chiede il Paese contrappone in modo inconciliabile il popolo sovrano al parlamento. Chi realmente tentasse di dimezzare il costo della politica perderebbe la maggioranza in parlamento perché nessun parlamento decreta la propria amputazione. La classe politica non taglia i rami su cui è seduta. La formula magica è dimezzare: da mille a cinquecento parlamentari, dimezzate le authority, i consigli d’amministrazione, il personale di supporto, auto blu, pensioni e benefit, comunità montane; le Province in alternativa alle Regioni, o le une o le altre, o meglio una via di mezzo: al loro posto distretti omogenei che ricalchino grosso modo le trentotto circoscrizioni elettorali di un tempo. La politica dimezzata sarebbe l’equivalente in risparmi di una finanziaria all’anno, selezionerebbe e responsabilizzerebbe il personale politico, dimezzerebbe i rischi di corruzione e malaffare, ridarebbe fiducia ai cittadini, darebbe più volontariato in politica. Ma se non ci riesce Berlusconi, ancor meno ci possono riuscire le coalizioni di partiti. E soprattutto la sinistra, che vive di politica a tempo pieno. Sul piano fiscale la riforma Tremonti è la più lieve ed efficace
che si potesse varare in queste condizioni. Altri avrebbero fatto peggio. Ma i taglietti, venti indennità di ministri o robetta del genere, sono solo doni simbolici alla sovranità popolare, sacrifici offerti al Moloch per placarlo. Niente più, e non per colpa di Tremonti. Raccogliete firme, indite referendum, aizzate i magistrati, sollevate la protesta, ma riforme così può farle solo un premier con ampi poteri, indipendente dal parlamento. Cioè se davvero ci fosse un sovrano assoluto o quasi. Ma il costo, a quel punto, rischia di superare il ricavo.
fonte: Il Giornale – 2 luglio 2011 – articolo di Marcello Veneziani

27 giugno 2011

AMBIENTE "AUTORIZZAZIONE"


Cass. Sez. III n. 21782 del 31 maggio 2011 (Ud. 27 apr. 2011)
Pres. Petti Est. Fiale Ric. Nicosia ed altro
Beni ambientali. Autorizzazione
Nelle aree vincolate il legislatore, imponendo la necessità dell’autorizzazione, ha inteso assicurare l’immediata informazione e la preventiva valutazione, da parte della pubblica Amministrazione, dell’impatto sul paesaggio nel caso di interventi (consistenti in opere edilizie ovvero in altre attività antropiche) intrinsecamente capaci di comportare modificazioni ambientali e paesistiche, al fine di impedire che la stessa P.A., in una situazione di astratta idoneità lesiva della condotta inosservante rispetto al bene finale, sia posta di fronte al fatto compiuto. La fattispecie incriminatrice è rivolta a tutelare, dunque, sia l’ambiente sia, strumentalmente e mediatamente, l’interesse a che la P.A. preposta al controllo venga posta in condizioni di esercitare efficacemente e tempestivamente detta funzione: la salvaguardia del bene ambientale, in tal modo, viene anticipata mediante la previsione di adempimenti formali finalizzati alla protezione finale del bene sostanziale ed anche a tali adempimenti è apprestata tutela penale.